lunedì 8 dicembre 2014

Di 'se e ma' ne son piene le fosse!

Non sto qui a narrarvi le mie avventure da studentessa universitaria fuori sede che vorrebbe fare tante cose, ma l'unica che riesce a fare - passivamente quasi - è domandarsi perché si è ridotta, di nuovo, all'ultimo minuto per studiare/fare qualsiasi cosa.
Stasera, o meglio, da un bel po' stavo riflettendo su come, molte volte, abbia provato nostalgia di determinati anni della mia vita. E di cosa farei per riaverli indietro! 
A volte vorrei riavere 17 anni, per poter di nuovo stare sola, chiusa nel mio castello immaginario, protetta dalla realtà troppo crudele per me così fragile ed ingenua. 
A volte vorrei riaverne 21. Sì, i miei bellissimi 21 anni di cui non ho solo nostalgia, mi mancano! Libri, telefilm, amici, università. L'annata delle riuscite, delle sorprese, della rinascita. Se a diciassette me ne stavo chiusa in una stanza, a ventuno mi sentivo con il mondo ai miei piedi e pronta, libera, di fare qualunque cosa.
Oggi, di anni, ne ho 23 e molte volte mi chiedo dove sto andando a parare, con tutto quello che faccio. E se, e se... E se! Ma io, ma non so, ma forse... Ventitré anni, l'età dell'incertezza la chiamerei io.
Giro i mobili della mia stanza di continuo, sperando di sentirmi a mio agio là dentro. Compro di nuovo spasmodicamente libri, rischiando di morire di fame, perché attualmente è la cosa che mi rende più felice e soddisfatta di me. Rimando ogni giorno il 'grande cambiamento' ad un ipotetico domani, che sappiamo tutti non ci sarà mai. 
Se, ma, forse, domani, non so, vedremo. Tutti termini dell'incertezza. Mi sono sempre vantata di essere una persona decisa, testarda, che ama buttarsi nelle cose e portarle a termine. Adesso, quasi, è come se l'incertezza di tutti quei termini fosse l'unica via che conosco. 
Forse è sbagliato chiedere, alla mia età, dove si vuole andare a parare. Forse è sbagliato solo pensarci. Eppure, vedete, c'è di nuovo quel dannato forse, e se, e ma, eccetera! 
Io non voglio avere la vita schematizzata, non voglio programmare eventi remoti, non voglio orchestrare la mia vita come quella di un personaggio di un racconto. Io voglio avere un obiettivo. Voglio alzarmi al mattino e sapere perché lo sto facendo, cosa voglio realmente da quella giornata, cosa ci faccio in piedi. E non mi importa se è giusto o sbagliato, questo obiettivo, se lo raggiungerò o meno. Voglio solo avere un buon motivo per andare avanti. Uno vero, non quelli che mi inventavo a diciassette anni o che avevo a ventuno. Entrambi erano fatiscenti. Voglio qualcosa che dipenda da me, che mi inglobi, che sia il fulcro di me stessa.
La verità è che non sono più la ragazzina spaventata e sola di diciassette anni, che lottava contro draghi immaginari perché quelli veri le facevano paura. Non sono più la ragazzina che si affaccia alla vita di ventuno anni che insegue sogni, ma vuole solo essere accettata. Sono la ragazza di ventitré anni che ogni mattina si alza - quando ce la fa - e si chiede se comprare un altro libro la renderà felice, se potrà farlo, ma ha bisogno di farlo, che forse dovrebbe darsi una mossa, che non sa che farne di sé, che vedrà di mandare quel messaggio a quell'amica che non sente né vede da tanto, che domani porterà a compimento tutti i se, i ma, i forse, i non so ed i vedremo che la accompagnano ad un altro domani.

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